giovedì 20 marzo 2014

Le vie del mandala sono infinite. Ovvero: come sono arrivata “per caso” all’arteterapia



Mandala di Samuel Maccarinelli
di Lorena Bianchini, Atelier delle Fate

Quasi nel mezzo del cammin della mia vita, una sera su invito di un’amica, mi sono ritrovata, “per caso”, nella sede di un’associazione culturale ad ascoltare una Signora con uno sguardo maternamente istrionico, presente per proporre il suo corso sul mandala.

Quella sera sono tornata a casa con un piccolo schema circolare colorato e
una gigantesca porta stellare su qualcosa di misterioso, ma che era lì intorno a me dal Big Bang.

Naturalmente, in una sorta di stato ipnotico, mi sono iscritta al percorso ed i pochi incontri con la Maestra sono stati così intensi e convincenti, da stimolare la mia curiosità verso l’universo dei mandala.

L’incontro fondamentale successivo è stato di tipo letterario; dopo aver comprato qualche libro sulla storia, la diffusione e la colorazione dei mandala, mi sono imbattuta, grazie all’indicazione di un’amica bibliotecaria, nel libro di Susanne F. Fincher “I Mandala – una via all’introspezione, alla guarigione e all’espressione di sé”.

Grazie a questa preziosa lettura, ho scoperto che Jung era un realizzatore di mandala onirici e spontanei e naturalmente chiedeva ai suoi pazienti di realizzarne di propri.

Nel libro della Fincher, per la prima volta ho trovato il termine “arteterapia”, che mi ha mosso un insieme di stupore e senso di stupidità (verso me stessa ovviamente), in quanto pur arrivando dall’arte, non ero a conoscenza di tutte le sue potenzialità.

Questa commistione di sensazioni mi ha spinta immediatamente ad attivarmi per capire di cosa si trattasse e per recuperare il gap (passatemi l’inglesismo) che avevo deciso di lasciarmi alle spalle.

Il labirinto di internet ha fatto la sua parte, indicandomi le formazioni in arteterapia italiane.

Naturalmente “il caso” si è intromesso un’altra volta e proprio dopo aver spedito una richiesta di iscrizione ad una scuola, un’amica mi ha presentato una signora, che aveva appena finito un percorso propedeutico in un altro centro di formazione.

Ho deciso così di fare un colloquio presso quest’altra realtà e sempre in uno stato ipnotico, mi sono iscritta all’istante.

Durante il bellissimo percorso ho ritrovato il mandala naturalmente e non l’ho più abbandonato e continuo a proporlo come un tormentone, perché credo che sia uno strumento potente di individuazione, di scoperta, di conoscenza, di crescita, di racconto e anche una creazione magica, che può attrarre ordine e cambiamento nelle nostre vite, a volte caotiche o al “contrario” statiche.

Il cerchio è una forma che trasforma, contiene, raccoglie, protegge, permette e concede.

Al suo interno possono emergere mondi, ricordi, sentimenti, desideri fino a quel momento nascosti o negati.

All’interno di un’esperienza di gruppo ci fa da specchio, da rimando, da confronto con l’universo sconosciuto nostro e dell’altro, che si manifesta a piccoli frammenti caleidoscopici davanti ai nostri occhi.

I mandala, per quanto possano apparire simili, sono in realtà come i fiocchi di neve, ognuno con la propria struttura unica e la propria storia, proprio come gli esseri umani, che racchiudono forme circolari ed universi pieni di immagini, che rimangono nell’ombra nell’attesa di essere liberate e versate in un contenitore.

I mandala esistono così in alto come in basso, così nel piccolo come nel grande.

Guardando in cielo possiamo scaldarci grazie al mandala-sole, guardando in terra possiamo godere del profumo di un mandala-fiore, i nostri sguardi sono mandala, così come ogni cellula che ci compone e si potrebbe continuare all’infinito…

“Probabilmente” senza la forma-mandala la vita non sarebbe possibile e con questo chiudo il cerchio.


Lorena Bianchini di Atelier delle Fate



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