Mandala di Samuel Maccarinelli |
Quasi nel mezzo del cammin della
mia vita, una sera su invito di un’amica, mi sono ritrovata, “per caso”, nella
sede di un’associazione culturale ad ascoltare una Signora con uno sguardo
maternamente istrionico, presente per proporre il suo corso sul mandala.
Quella sera sono tornata a casa
con un piccolo schema circolare colorato e
una gigantesca porta stellare su qualcosa di misterioso, ma che era lì intorno a me dal Big Bang.
una gigantesca porta stellare su qualcosa di misterioso, ma che era lì intorno a me dal Big Bang.
Naturalmente, in una sorta di
stato ipnotico, mi sono iscritta al percorso ed i pochi incontri con la Maestra
sono stati così intensi e convincenti, da stimolare la mia curiosità verso
l’universo dei mandala.
L’incontro fondamentale
successivo è stato di tipo letterario; dopo aver comprato qualche libro sulla
storia, la diffusione e la colorazione dei mandala, mi sono imbattuta, grazie
all’indicazione di un’amica bibliotecaria, nel libro di Susanne F. Fincher “I
Mandala – una via all’introspezione, alla guarigione e all’espressione di sé”.
Grazie a questa preziosa
lettura, ho scoperto che Jung era un realizzatore di mandala onirici e
spontanei e naturalmente chiedeva ai suoi pazienti di realizzarne di propri.
Nel libro della Fincher, per la
prima volta ho trovato il termine “arteterapia”, che mi ha mosso un insieme di
stupore e senso di stupidità (verso me stessa ovviamente), in quanto pur
arrivando dall’arte, non ero a conoscenza di tutte le sue potenzialità.
Questa commistione di sensazioni
mi ha spinta immediatamente ad attivarmi per capire di cosa si trattasse e per
recuperare il gap (passatemi l’inglesismo) che avevo deciso di lasciarmi alle
spalle.
Il labirinto di internet ha
fatto la sua parte, indicandomi le formazioni in arteterapia italiane.
Naturalmente “il caso” si è
intromesso un’altra volta e proprio dopo aver spedito una richiesta di
iscrizione ad una scuola, un’amica mi ha presentato una signora, che aveva
appena finito un percorso propedeutico in un altro centro di formazione.
Ho deciso così di fare un
colloquio presso quest’altra realtà e sempre in uno stato ipnotico, mi sono
iscritta all’istante.
Durante il bellissimo percorso
ho ritrovato il mandala naturalmente e non l’ho più abbandonato e continuo a
proporlo come un tormentone, perché credo che sia uno strumento potente di
individuazione, di scoperta, di conoscenza, di crescita, di racconto e anche
una creazione magica, che può attrarre ordine e cambiamento nelle nostre vite,
a volte caotiche o al “contrario” statiche.
Il cerchio è una forma che
trasforma, contiene, raccoglie, protegge, permette e concede.
Al suo interno possono emergere
mondi, ricordi, sentimenti, desideri fino a quel momento nascosti o negati.
All’interno di un’esperienza di
gruppo ci fa da specchio, da rimando, da confronto con l’universo sconosciuto
nostro e dell’altro, che si manifesta a piccoli frammenti caleidoscopici
davanti ai nostri occhi.
I mandala, per quanto possano
apparire simili, sono in realtà come i fiocchi di neve, ognuno con la propria
struttura unica e la propria storia, proprio come gli esseri umani, che
racchiudono forme circolari ed universi pieni di immagini, che rimangono
nell’ombra nell’attesa di essere liberate e versate in un contenitore.
I mandala esistono così in alto
come in basso, così nel piccolo come nel grande.
Guardando in cielo possiamo
scaldarci grazie al mandala-sole, guardando in terra possiamo godere del
profumo di un mandala-fiore, i nostri sguardi sono mandala, così come ogni
cellula che ci compone e si potrebbe continuare all’infinito…
“Probabilmente” senza la
forma-mandala la vita non sarebbe possibile e con questo chiudo il cerchio.
Lorena Bianchini di Atelier
delle Fate
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